La bellezza che nasce dal dolore

“Sono stato in prigione quasi due anni. Dalla mia natura è uscita una folle disperazione, un abbandono al dolore che era pietoso anche a vedersi, ira terribile ed impotente, amarezza e disprezzo, angoscia che singhiozzava apertamente, pena che rimaneva muta…non avrei potuto sopportare che le mie sofferenze fossero prive di significato. Ora trovo nascosto in fondo alla mia natura qualcosa che mi dice che nel mondo niente è privo di significato, nemmeno la sofferenza. Quel qualcosa nascosto in fondo alla mia natura, come un tesoro in un campo, è l’umiltà.”

De profundis, Oscar Wilde.1987 traduzione di Camilla Salvago Raggi.Feltrinelli

Ho inserito alcune parti di una lettera scritta da Oscar Wilde ad un suo amico durante il periodo di prigionia. Ad ognuno di noi è capitato di imbattersi in periodi bui, momenti più o meno lunghi d’ombra in seguito ad eventi dolorosi o improvvisi come può essere la fine di una relazione importante, un lutto…In questi momenti sembra che niente abbia più senso, ci si sente svuotati, privi di energia come impotenti e senza speranza. Magari si prova rabbia per il destino che si è accanito su di noi, per la Vita crudele. Ma è proprio in questi periodi d’ombra che possiamo trovare la nostra luce, il nostro tesoro nascosto. Quando parlo di bellezza in relazione al dolore mi riferisco proprio a questo: alla valenza positiva della sofferenza che ci aiuta a scoprire le parti più belle e profonde di noi.

La nostra società rifugge il dolore, negandolo. La negazione consumistica investe il corpo che diventa apparenza, chirurgia plastica piuttosto che luogo dell’emozione, dell’incontro e  della relazione. La sofferenza non è tollerata ma negata. Ma è solo attraversando il dolore che si ha l’opportunità di crescere e di scoprirsi, di capire cosa vogliamo, quali sono le cose importanti per noi, quali sono le nostre passioni, quali i nostri tesori interni. Grazie alla crisi ci si può reinventare e trovare energie creative per ridisegnare la nostra esistenza.

Vorrei raccontarvi come nasce una perla. Forse alcuni già lo sanno, io l’ho scoperto solo oggi leggendo il commento di una studentessa Rossella Tortora ad un libro. Un predatore entra nella conchiglia nel tentativo di divorarne il contenuto e non ci riesce lasciando dentro l’ostrica una parte di sè che irrita e danneggia il mollusco e l’ostrica si richiude per fare i conti con il nemico, l’estraneo. Allora il mollusco inizia a rilasciare intorno al corpo estraneo strati di se stesso come se fossero lacrime: la madreperla. Dopo pochi anni il corpo estraneo è completamente rivestito di madreperla. Il risultato è una perla dalle caratteristiche uniche e irripetibili.

Ciò che all’inizio sembrava essere una tragedia (nella metafora dell’ostrica l’attacco del predatore) si rivela essere un evento creativo che porta alla nascita di un gioiello prezioso ed inimitabile, la perla.

Così è la bellezza che nasce dal dolore.

 

immagine dal sito hwgadget.com

 

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