Al di là della paura

Ispirata dal mese di Novembre e dall’aria che in questi giorni si respira (vuoto, silenzio), ho scelto di affrontare un tema su cui ho sempre pensato di scrivere ma che poi per la complessità dell’argomento e per la sua portata emotiva ho evitato. Sto parlando della depressione.

Il termine stesso sta ad indicare una mancanza, un fallo; è usato ad esempio  in geografia  per definire un zona di terreno che si trova ad un livello più basso rispetto alle aree circostanti. Allo stesso modo popolarmente parlando si dice che “ci si sente giù” quando siamo un pò tristi.

La depressione ha molti aspetti e sensazioni in comune con la “morte” per questo ci spaventa. Alcune di queste sensazioni sono il senso di vuoto, la solitudine o l’impotenza. Quando perdiamo una persona cara, pensiamo che nessuno possa capire il nostro dolore e ci sentiamo inermi, persi, bloccati nella nostra sofferenza. Così si sente chi sta passando un periodo buio della propria vita: ha l’impressione che nulla abbia più senso, che non possa fare nulla, si sente incompreso, a volte solo, perso.

Lì dove il dolore non trova le parole spesso emergono sintomi fisici che sembrano inspiegati:

  • difficoltà nel sonno;
  • cattiva digestione;
  • mal di testa;
  • peso sul cuore;
  • dolori muscolari;
  • stanchezza;
  • cattiva gestione del cibo.

Ci sono molte forme di depressione, così come vari sono i sintomi presentati proprio perchè variano da persona a persona rispecchiando l’unicità della storia di ognuno di noi.

Questo stato emotivo ci fa paura, spesso per questo ci impegniamo  a rifuggirlo rincorrendo il futuro: progetti, cura dell’esteriorità,acquisto di beni materiali. Alla fine di tutti questi tentativi di tenerci occupati cosa ci resta? Nulla.

Non a caso la depressione è uno dei mali della nostra società. Chiusi nelle nostre case telematiche le relazioni più continue le abbiamo con gli oggetti invece che con le persone e questo non fa altro che amplificare il nostro senso di solitudine e di insoddisfazione.

Spesso succede che ci ritroviamo a vivere vite che non sentiamo nostre, a raggiungere obiettivi che in realtà ci erano stati dettati dall’esterno, a sentire uno scarto troppo forte tra ciò che vorremmo essere e chi siamo realmente. Da qui nasce un senso di frustrazione, di pesantezza e di incastro. Troppo impegnati a soddisfare aspettative che non ci appartengono, ci si sente stanchi e svuotati. La paura di deludere, la paura di non essere all’altezza ci imprigionano.

Dare voce alla propria sofferenza farà emergere le potenzialità creative e il senso di questo periodo difficile sarà chiaro. Rivolgersi ad uno psicoterapeuta in questi casi non è un segno di debolezza ma di coraggio e di forza: vuol dire assumersi la responsabilità di cambiare ciò che non ci rende felici.

 

immagine presa da psichedintorni.blogspot

 

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